PARLARE DI DOLCI, PARLARE DI CAPPELLI, E FARLI ENTRAMBI
Questo che vedete è il Bonet, dolce piemontese appartenente alla famiglia dei budini, che ho spesso fatto a Pane e Vino: la gola va oltre "i piatti del territorio". Ha una consistenza particolare, e la parola budino è solo il termine di paragone più vicino. Con o senza cacao, il suo nome indica un cappello o berretto tondeggiante, la cui forma ricorda quella dello stampo a tronco di cono
basso in cui viene cotto il budino; lo stesso stampo, in cui si cuocevano budini e flan, veniva chiamato bonèt ëd cusin-a cioè cappello da cucina: il berretto del cuoco.
Altrimenti si racconta che il nome richiamasse il cappello perché il dolce veniva servito alla fine del pasto. Così come si indossa il cappello da ultimo, così si mangiava il bonèt peri terminare il pranzo o la cena: a cappello di tutto il resto. Intrigante questa storia per una cuoca modista: cappelli e fornelli.
Colgo dunque questo gioco di sensi e parole per presentarvi anche le mie ricette di modisteria e farvi partecipi della mia interpretazione "di stoffa", di questa ricetta che conta come ingredienti:
maglia di seta moro
lana cacao scuro
velluto marrone
raso e filo nero
Se poi volete allietare la visita dei miei cappelli, mangiando un buon dolce:
12 uova
340 gr zucchero semolato
20 amaretti di numero sbriciolati
60 gr. cacao amaro
700 gr. latte tiepido
700 gr. latte freddo
2 cucchiai di rum
Per caramellare lo stampo mettete sul fuoco 90 gr. di zucchero semolato con 50 di acqua. Una volta pronto versatelo e copreite tutta la parete dello stampo.
Lavorate a nastro uova e zucchero, unite il cacao setacciato, gli amaretti, il latte tiepido e poi quello freddo. Versate nello stampo e cuocete a bagnomaria per 40 minuti.
buon Bonet a tutti.